la gaia educazione

la gaia educazione

domenica 28 ottobre 2012

Tornare a Illich: far fuori la scuola


Far fuori la scuola.Non è solo uno slogan ma una necessità impellente. Una necessità che può davvero far ruotare il pianeta su sé stesso e ricollocarlo nella giusta orbita di gravitazione. Possiamo ritornare a mettere i piedi sopra il suolo e la testa nel cielo, non il contrario come accade adesso. La scuola è un’impresa delittuosa, l’artefice principale del “sequestro educativo”. E’ il principale strumento al servizio del soffocamento di quelle esperienze meravigliose e insostituibili che si chiamano infanzia e adolescenza. Noi dobbiamo strappare bambini e ragazzi ai reclusori, ai sarcofagi di cemento dove vengono internati per lunghissimi anni fino a che non siano stati trasformati in materia buona solo per far girare gli apparati di potere. Noi dobbiamo salvarli, memori di quanto abbiamo sofferto allora, quando ne fummo anche noi rapiti e inebetiti, e di quanto ineludibilmente si continua a soffrire anche ora, silenziosamente e perlopiù inconsapevolmente, a fronte del funzionamento osceno e apparentemente inarrestabile di quel meccanismo normativo e martirizzante. Occorre restituire ai bambini e ai ragazzi la loro esperienza. Occorre riportarli sulla scena del mondo, della natura, delle strade, dei luoghi dove si vive e si traffica e si impara sul serio. Illich lo ha già detto bene, a suo tempo, restando, come molti guru di superiore saggezza, inascoltato. Ma nel tempo in cui tutte le istituzioni sono sempre più assoldate alle necessità dell’astrazione-scambio, della merce, del profitto e della produzione del nulla, l’esigenza di aprire una breccia nel muro, di aiutarli a sfuggire a un destino di soggiogamento scandaloso, è sempre più inaggirabile. Dobbiamo pensare la presenza di bambini e ragazzi nel mondo come una presenza liberatoria, come il riferimento epocale, il vertice simbolico di una società che si interroga fondamentalmente a partire da questa presenza, accogliendone le domande radicali, in virtù delle quali ripensarsi globalmente. Domanda di spazio, di tempo, di eros, di gioco, di avventura che diventano domanda di vita nella quale tutti possono riconoscersi, oltre qualsiasi ricatto proveniente dal sinistro e demoniaco mondo dell’economia. I bambini e i ragazzi come attori sociali a tutti gli effetti, in grado di negoziare la propria esperienza come esperienza di integrazione nel mondo, nella sua carne e nei suoi saperi, in presenza di un’offerta straripante di occasioni vitali di accesso alle fonti primarie del fare e dell’essere. La compagine sociale può divenire, secondo meccanismi di rotazione e di inserimento virtuosi, la sfera dell’apprendimento vitale, non un luogo separato e separatore. Proprio come aveva suggerito (e profetizzato) Illich, si tratta di un reticolo di possibilità sempre più intrecciate, di cui ognuno deve poter fruire grazie ad un sistema di accesso esteso e articolato. Imparare come esperienza che si radica nella vita concreta, con infiniti possibili punti di irradiazione, insegnanti, guide, maestri, esperti che offrono la propria disponibilità in situazioni ciascuna dotata di autonomia, di localizzazioni specifiche, dove l’unica motivazione a frequentare sia l’interesse, così come deve essere sancita la possibilità di allontanarsi in ogni momento. Il mondo intero può diventare spazio di esperienza, di avventura e di specifica formazione e i ragazzi possono riconquistare il diritto di scegliere un proprio percorso vitale, punteggiato di fasi di ascolto e di fasi di azione, di vuoti e di pieni, di appassionamenti e di abbandoni, di volta in volta fruendo della possibilità di condividere, di discutere i propri piani con pari, con adulti, con chi riterranno meglio. Scegliendo luoghi e possibilità di esercizio dove corpo, mente, anima ed emozioni siano insieme connessi e attivati. Dal circo alla danza, dal teatro alla musica, dall’azione plastica alla scrittura alla lettura, dal calcolo alla pura immaginazione, dalla costruzione alla demolizione, dalla cucina all’amore, dall’esplorazione della natura a quella della città, dalla bottega all’industria, dal laboratorio veterinario ai campi di granturco, dalla palestra alla pista di pattinaggio, secondo nuove geometrie, ritmi, scadenze, una temporalità il cui fulcro sia il libero e protratto esercizio al diritto di provare, di godere, di esaltarsi e di sbagliare, di abbandonare, di perdere e di incontrare. Il mondo che diventa un immenso teatro vitalissimo per l’immersione dei bambini e dei giovani nelle sue maglie e nei suoi labirinti, finalmente sottratti al giogo del sequestro scolastico e all’incorporazione obbligata nei suoi schemi inibenti e mortificanti.

Nessun commento:

Posta un commento