la gaia educazione

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mercoledì 19 marzo 2014

"Appunti di un naufrago" : i punti



Quindi mi piace mangiare da solo. Mi acquatto in un tavolino basso, un po’ periferico e, mentre mangio, con calma, senza fretta, esercito insensibilmente tutta la mia misantropìa. Guardo i cascami di mondo che mi rotolano vicino, sempre più deludenti, di cui forse anch’io, agli occhi altrui, costituisco una traccia, e borbotto pigramente tra me il mio sdegno.

Ragazzi già vecchi che festeggiano una laurea. Sono tutti fidanzati questi ragazzi, già hanno messo al riparo i loro desideri in una crisalide di cemento. Oppure coltivano freneticamente simulazioni di rapporti ingobbiti sopra i loro gigacellulari. Hanno finalmente i capelli corti, i ragazzi, e sono pasqualmente agghindate, di nuovo, le ragazze, con tacchi che palesemente le fanno barcollare, loro sempre calzate in nike e hogan. Di nuovo come negli anni ’50. Altro che godimento acefalo! Pronti per essere triturati dai nuovi sistemi flessibili del lavoro, agognanti una villetta famigliare, una macchinetta, un lavoro, un figlio, un nulla.

Guardo qualche vecchio residuo delle proteste di altri giorni, grigissimi, poverissimi, torturati dalla privazione. Qui ne vengono due a pranzo, sul tardi. Sono come fantasmi. Mi suscitano tenerezza e disperazione, lui e lei. Lui vecchio, con i capelli lunghi, biancastri, ovviamente vestito dentro qualcosa che sta tra la tuta e la tela di sacco. Lei un po’ più giovane, altrettanto grigia, altrettanto nella tela di sacco. Forse neocinici, forse vagabondi teatrali.

Poi ci sono i colleghi. Fanno puzza. Nervosi, si guardano in giro in cerca di qualcuno che li riconosca. A piccoli gruppi. Parlano di concorsi. Mangiano veloci, come roditori. Poco e veloce.

Oggi ci valutano a punti. Ho appena scoperto di essere stato estromesso da un collegio del mio dipartimento universitario. Non faccio abbastanza punti. Va da sé che collezionare punti non è proprio uno dei miei obiettivi prioritari, specie quando si tratta di scrivere per riviste quotate alla borsa dell’epistemologia in voga o di farsi notare a convegni purchè siano internazionali. O di pubblicare ma solo e comunque volumi massicci e farciti di inutili citazioni.

Non è il mio stile, io scrivo poco e concentrato, in volumi piccoli, che totalizzano 0 punti, anche se presumono di aver cose da dire. Nessuno di chi li giudica, misuratori di mediane, è neppure vagamente in grado di valutarne il contenuto o le sfumature dello stile, ma loro attribuiscono punti, come alzare palette, secondo il numero di pagine, le citazioni giuste, le case editrici riconosciute.

Non ce la posso fare in un mondo che viaggia a punti, a meno che non siano i punti di un gioco, dove alla fine però il punteggio è solo il trionfo virtuale, festivo, gratuito.

Qui si decretano i destini, con i punti. Anche i ragazzi, qui, al tavolo vicino, sorridenti e pieni di iniziativa, sono pronti a fare a punti, a internazionalizzarsi. Viaggiare fa bene…

Mangio, discreto, bevo anche alcolici, nessuno beve alcolici naturalmente a pranzo, non è un comportamento approvato per ottenere punti.

Il prossimo convegno quanti punti dà? Quanto devo pagare per partecipare? E quante parole deve contenere il mio abstract per essere accettato?
Non c’è più niente da ridere. E’ il sapere del fare. E’ il mondo del fare. Fare per avere punti.
Dia retta, faccia punti, poi si vedrà. Un domani non potranno che rivelarsi utili!

Io però, che ho avuto la fortuna di diventare professore prima che si abbattesse questa insania endemica, mangio piano, guardo, mi amareggio, compenso l’amarezza con una fetta di torta, che qui non sono neppure troppo chimiche. E sorseggio un lungo lungo caffè.

E penso a come scappare. Cerco una porta, che non vedo. Ma sono sicuro che c’è. Devo solo diventare più sensibile. Da qualche parte, magari ben nascosta, una porta, per uscire da questo letamaio, ci deve essere.

Buon appetito.

1 commento:

  1. mi piace mangiare da sola...con il piatto sulle gambe, senza la minima preoccupazione del divano pulito..mangiare da sola come fa Montalbano con il suo vassoietto pieno di gioie culinarie di Adelina. mi piace mangiare da sola, camminare da sola, o forse no, accompagnata da un micromp3 che in momenti come questi è un tesoro irrinunciabile. custodisce melodie che accarezzano il mio corpo e la mia fantasia...e osservo...e vedo occhi spenti, corpi inascoltati, sorrisi inebetiti e vite piccole...non per la mancata magnificenza e popolarità che questo mondo richiede costantemente per essere visti, ma piccole e asciutte per la mancanza di uno sguardo immaginativo e creativo su di sè.

    cammino da sola, ogni giorno muovo un passo, piccolo e tremante, ma la mia immaginazione è già all'angolo della strada ad aspettarmi, sorridendomi.

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